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CURRICOLO DI ISTITUTO

“Le competenze indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e metodologiche........"

Descrizione

PREMESSA GENERALE

FINALITA’ DELLA SCUOLA DELLE COMPETENZE

Negli ultimi tempi la scuola è stata investita da notevoli cambiamenti e tra i tanti il passaggio di una scuola che non pone più i suoi fondamenti sui saperi disciplinari bensì sulle competenze.

Ma cosa sono le competenze?

La definizione di competenze tracciata dalla normativa europea e poi adottata anche dalla normativa italiana recita come segue:

“Le competenze indicano la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o professionale. Le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia.”

In altre parole le competenze sono l’integrazione di conoscenze e abilità che costituiscono il bagaglio di risorse che l’individuo possiede e mette in atto in situazioni nuove all’interno del suo percorso personale.

Anche le finalità della scuola alla luce delle nuove Indicazioni nazionali sono orientate verso una didattica per competenze che tendono a uno sviluppo sociale e professionale dell’individuo.

La scuola deve fornire alle nuove generazioni gli strumenti adeguati per una proficua collocazione all’interno della società.

Nelle Indicazioni nazionali viene dichiarato espressamente l’intento di “promuovere e consolidare le competenze culturali, basilari e irrinunciabili, tese a sviluppare gradualmente, nel corso della vita, le competenze chiave europee”.

Tale mutamento implica una diversità del lavoro didattico, da una didattica fondata sull’apprendimento di contenuti e procedure, a una didattica in cui ciascun studente diviene protagonista della costruzione del proprio processo di apprendimento.

La scuola italiana è dunque coinvolta nella riorganizzazione per porre alla base della propria azione didattica il concetto di competenza, come strumento principale per favorire e garantire a tutti i discenti il successo formativo.

Capire in che modo il concetto di competenza debba entrare a far parte dell’attività didattica costituisce ancora una sfida che la scuola deve affrontare.

L’esperienza di molti docenti insegna che il conseguimento di qualsiasi obiettivo e/o competenze può avvenire soltanto se l’allievo si trova di fronte a compiti significativi che facciano attivare le proprie risorse (conoscenze, abilità ed emozioni).

Da qui la necessità di offrire “occasioni formative” ben strutturate e organizzate che spingano gli alunni alla risoluzione di problemi e alla gestione di situazioni.

I docenti dovrebbero ricreare contesti in cui i ragazzi possano ricercare, utilizzare i saperi, mettere in pratica il loro saper fare e mostrare le loro capacità di iniziativa, di organizzazione, di collaborazione, esprimendo la loro creatività.

Si tratterebbe di percorsi didattici nei quali ai discenti si propongono diverse attività che attivino specifiche competenze per raggiungere determinati obiettivi e richiedino loro un metodo di lavoro cooperativo e sinergico.

Tutti i progetti didattici devono essere pensati in un’ottica di continuità e coerenza.

I docenti oggi avvertono la fatica del quotidiano e il peso di un carico di lavoro moltiplicatosi negli ultimi tempi che non sempre restituisce la giusta gratitudine e la meritata gratificazione.

Al di là di questa spiacevole amarezza oggi più che mai i docenti si interrogano e cercano di interpretare i bisogni educativi essenziali e irrinunciabili.
Da più parti, oggi, si lamenta che i ragazzi sono sempre meno motivati e disponibili ad apprendere.

Le più recenti ricerche statistiche (OCSE) non rilevano un quadro di preparazione soddisfacente se si considera la situazione scolastica italiana a livello mondiale.

Ciò potrebbe indurre gli insegnanti ad abbassare i livelli delle richieste inseguendo una logica legata alla facilità.

Il rischio che si corre è quello di un reale appiattimento che alienerebbe la crescita dell’individuo e porterebbe a un fallimento di tutto l’impianto educativo e scolastico.

L’azione educativa e didattica dovrebbe, invece, rifuggire dalla banale situazione di facilità e perseverare la logica della semplificazione.

Non bisogna, quindi, facilitare l’esperienza scolastica dell’alunno, ma rendere semplice una situazione problematica in modo che l’alunno affronti con serenità la complessità e impari a gestirla.

La strada giusta da perseguire è quella di garantire sempre attività didattiche dotate di senso e fornire in ogni momento spiegazioni, suggerimenti e strumenti efficienti.
Le Indicazioni del 2012 pongono la centralità della continuità del processo formativo dai 3 ai 14 anni e una visione radicalmente unitaria del primo ciclo, tanto da presentare in forma unitaria e non in sezioni distinte per primaria e secondaria di 1°grado.

Il curricolo verticale per competenza si deve avvalere di una didattica interattiva e dialogata all’interno della classe, che non abusa della lezione espositiva, ma che sperimenta un metodo di lavoro d’aula basato sui processi da attivare, su capacità metacognitive, sul clima favorevole per una partecipazione emotiva attraverso situazioni di sfida, dalle quali derivano curiosità, domande, problemi da affrontare.

Se il principiante è colui che sa, il “competente” è colui che sa cosa fare con ciò che sa, mettendo in gioco le proprie abitudini, i “dialoghi interni” e gli strumenti esterni che ha a disposizione.

Nel mettere in pratica un curricolo verticale per competenze, gli insegnanti devono avere chiari il profilo finale, le strade da percorrere sulla base dei bisogni degli allievi, gli strumenti necessari, considerando seriamente l’idea di insegnare-apprendere-valutare insieme.

Le Indicazioni sono tagliate sul modello degli istituti comprensivi, con un profilo in uscita al termine dell’intero primo ciclo.

Non si tratta tanto di un obbligo di legge, proveniente dalla politica dei risparmi, quanto di una riflessione pedagogica volta a tenere insieme il decondizionamento socio-culturale, che è tornato di primaria necessità, modalità più distese di apprendimento che consentono una maggiore articolazione della proposta didattica, più facili modalità di recupero, soprattutto per gli alunni stranieri, più efficaci collaborazioni tra le professionalità dei diversi gradi scolastici, l’orientamento che promuova competenze e consapevolezza cercando di arginare la dispersione evitando ogni funzionale precocismo.

In merito alla continuità educativa dai 3 ai 14 anni i curricoli verticali, nella pratica didattica, dovranno dunque tendere al superamento dei confini disciplinari e avere come riferimento ultimo la promozione di competenze che necessitano dell’apporto simultaneo di diversi saperi.

Il richiamo “all’integrazione fra le discipline e alla loro potenziale aggregazione in aree” e alla “ricerca delle connessioni tra i diversi saperi” è opportuno e sufficiente.

La situazione che oggi viene evidenziata, soprattutto, nella scuola secondaria di primo grado è quella di notevoli difficoltà di apprendimento e ciò richiama
l’attenzione su un curricolo fortemente frammentato, con una eccessiva presenza di insegnanti specializzati.

Ora tocca all’istituto comprensivo una nuova sintesi in cui “le discipline non vanno presentate come territori da proteggere entro confini rigidi, ma come chiavi interpretative disponibili per ogni possibile utilizzazione”.

In una realtà complessa occorre che le diverse discipline dialoghino e che si “presti attenzione alle zone di confine e di cerniera fra discipline”. È quest’ultima indicazione che ci consentirà un passo avanti tra un disciplinarismo spinto che oggi sembra irraggiungibile e il mantenimento di approcci tradizionali agli elementari strumenti di conoscenza.

Anche le nuove Indicazioni nazionali propagandano a piene mani la cultura laboratoriale, come strumento efficace per “favorire l’operatività e nello stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa”.

È arcinoto che il laboratorio sia una modalità di lavoro che incoraggi la ricerca e la progettualità, coinvolga gli alunni nel pensare-realizzare-valutare, attività vissute e partecipate con altri.

E’ opportuno, inoltre, rafforzare il tema della competenza digitale, anche esplicitandone meglio il rilievo nella formazione di base.

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